Terra del Sole fortezza quadrata - Serafino Razzi 1572

Terra del Sole fortezza quadrata
da
"I viaggi adriatici" di Serafino Razzi (1531-1611);
manoscritto superstite, Palatino 37; BNC Firenze;
edizione e introduzione a cura di Monica De Rosa
Edizioni digitali del CISVA , 2007 - 131 p. - parzialmente riprodotto in pdf

[vedi anche in versione on-line su Calameo - a pagina 14 il testo citato]

«(...) II martedì, a 26 [agosto 1572], detta messa all’altare del beato Iacopo, andammo per certo negotio fino a Castrocaro, castello della Romagna fiorentina, lontano da Forlì intorno a cinque miglia. (…)
    Lontano da Castrocaro forse mezzo miglio verso Forlì – nel piano et accanto alla riva del fiume Montone – vedemmo la Terra del Sole, fortezza pochi anni fa principiata dal Granduca Cosimo Medici, la quale di grandezza (computandoci i baluardi) per un verso, cioè alla volta del fiume, tira intorno a 600 braccia, e per l’altro, cioè alla dirittura di Forlì, 800, di maniera che – come ci disse il signore proveditore – ella tiene
sembianza di un foglio di carta spiegata, e così verrà a esser il giro tutto di lei 2800 braccia.

La causa, per cui non si tirò il quadro perfetto, dicono che fu la vicinanza del fiume, peroché la tela del muro più corta tende verso il fiume e la più lunga verso Forlì.

    Quando si principiò questa fortezza non mancarono alcuni di biasimare il sito di lei, con dire che troppo era vicina ai colli che le stanno per fianco, onde potea con danno esser battuta da quelli co’ l’artiglierie; ma imperò il saggio Duca, che havea fatta misurare la distanza di detti colli, havendo trovato che era di oltre 700 braccia e sapendo che i colpi – i quali venivano lontano 600 braccia – non davano timore, ributtò agevolmente cotale opposizione, fatta singolarmente dal cavalliere Matteo Alliotti forlivese.

    Oltre a ciò, essendo detti laterali monti in mezzo a due fortezze ducali, cioè a Castrocaro et a Montepoggiuolo, nissuno prudente condottiero di esserciti si accamperebbe in mezzo di loro; a che si aggiunge come gli argini dei fossi di detta Terra del Sole saranno cotanto alti che con fatica si potranno battere le mura.
Alcuni altresì furono di parere che il Granduca da prima mettesse mano a edificare cotal fortezza vicin’a Forlì circa quattro miglia, accioché – risentendosene i Forlivesi e venendo a ripor seco la guerra – sua altezza havesse presa occasione di ripigliare Forlì et Imola, le quali città pretende esser sue per ragione di eredità materna, cioè della sig[nora] Maria Salviati; ma venendo poi la santità di Pio V, levò di mezzo ogni tale suspizione et i Forlivesi si contennero nei termini loro.
    Le case che ci si fabbricano dalle comunità si tirano tutto con meraviglioso ordine et a una sembianza, et in tutte si fabbrica la stalla, accioché, in ogni evento, ci si possino tenere 200 o 300 cavalli per guardia del passo e per iscorrere la campagna. (...)»